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Anno nuovo vita verde

di Marco Magrini

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La recessione non deve essere una scusa per rinviare gli investimenti necessari a tagliare le emissioni-serra e a combattere il riscaldamento globale».

«Sono convinto che, nel lungo termine, la stabilità della nostra economia dipenda da un'appropriata e urgente risposta ai cambiamenti climatici».

«L'economia del futuro è l'economia verde. Oggi siamo uno dei Paesi più dipendenti dai combustibili fossili al mondo, ma abbiamo deciso che, nel 2020, avremo il doppio dell'energia rinnovabile a cui punta l'Europa: il 40 per cento. Il nostro vantaggio "verde" ci farà progredire più velocemente di molti altri Paesi».

Difficile indovinare chi abbia pronunciato queste tre frasi. Appena qualche anno fa, avremmo potuto azzardare: la prima è forse di James Lovelock, lo scienziato della teoria di Gaia; la seconda di James Hansen, lo studioso della Nasa che si è fatto una fama per i toni forti coi quali, per primo, ha lanciato l'allarme climatico; la terza potrebbe essere di Al Gore, in un romanzo di fantapolitica dove lui si sveglia la mattina e scopre di aver vinto le presidenziali del 2000.

Invece siamo nel 2009. La prima frase è tratta da un comunicato congiunto di 140 imprese multinazionali, fra le quali Bp e Shell. La seconda è di Andrew Torrance, numero uno di Allianz in Inghilterra e presidente di ClimateWise, un'alleanza di 42 imprese assicurative di sedici Paesi diversi. La terza, è uscita dalla bocca di Eamon Ryan, ministro per l'Ambiente di un'Irlanda che ha appena stanziato 32 miliardi di euro da riversare sulle energie rinnovabili, insieme a un pacchetto di incentivi e di ammodernamento della rete elettrica, che dovrebbe incoraggiare i cittadini a dotarsi di pannelli solari e a vendere l'energia che non usano. Quando vuole, il mondo sa cambiare in fretta.

L'epicentro del cambiamento, almeno dal punto di vista scenografico, è stato il 20 gennaio, davanti a un oceano di persone, sul Campidoglio di Washington. Quel giorno, in un solo giorno, il Paese più energivoro del mondo si è convertito: dalla fede nei combustibili fossili, alla fede nelle energie rinnovabili. «Intendiamo guarire la nostra dipendenza dal petrolio — ha detto Barack Obama nel presentare il suo ministro dell'Energia, il premio Nobel Steven Chu — e transitare verso una nuova economia ibrida che sarà in grado di creare milioni di posti di lavoro». Se il nuovo presidente manterrà la parola data, gli Stati Uniti si accingono a varare un piano per ridurre dell'80 per cento, entro la metà del secolo, le emissioni di anidride carbonica. Un monumentale dietrofront dalle intransigenze dell'amministrazione Bush. Tutto in un solo giorno.

Però ce ne vorranno migliaia — di giorni — per cambiare la struttura della grande macchina energetica che fa girare il mondo. I dubbi e i timori di fronte a questa missione impossibile, comprensibilmente, non mancano.

Eppure, c'è un nuovo modo di pensare che si fa strada. «Non c'è bisogno di aspettare ancora. Le tecnologie di oggi sono già in grado di rispondere al futuro fabbisogno di energia», assicura Zhengrong Shi, presidente e fondatore della Suntech Power, il colosso cinese dei pannelli solari. «Nel giro di soli cinque anni raggiungeremo la grid parity», quando il fotovoltaico sarà così efficiente da produrre elettricità agli stessi costi delle centrali a carbone. «Il silicio — ricorda Shi — è il secondo elemento più diffuso sul pianeta». Purtroppo, l'efficienza dei pannelli solari di silicio non ha tenuto lo stesso passo dei microprocessori di silicio, che l'hanno moltiplicata anno dopo anno fino a innescare la rivoluzione digitale. Ma se la tecnologia solare è già pronta ad essere sfruttata su larga scala, crolla il dubbio della fattibilità economica: dal Sole, piove ogni giorno mille volte l'energia di cui abbiamo bisogno in un anno.

E che dire del vento, sul quale c'è chi si è già costruito un futuro? A fine anni Ottanta, sull'onda di qualche preoccupazione per la dipendenza energetica del Paese, un qualsiasi governo danese decide di scommettere sull'energia eolica. I governi successivi rispettano l'impegno. Col risultato che oggi, la domenica, quando negozi e fabbriche sono chiusi, la Danimarca va a vento. La prima azienda eolica del mondo è la danese Vestas. E non mancano storie romantiche, come quella della remota isola di Samsø, dove dieci anni fa gli agricoltori si sono fatti convincere a investire nella prima pala eolica e oggi sono così autosufficienti che fanno pure qualche soldo, vendendo elettricità al resto della Danimarca. È la dimostrazione, dicono in molti, che l'ottimismo del fare vince sul pessimismo del non-fare.

Questo nuovo modo di pensare però, sta facendo strada. «Ci vuole un Green new deal», proclama il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon. Un facile richiamo a Franklin Delano Roosevelt, il cui consenso popolare ai tempi della Grande depressione, è stato paragonato a quello (peraltro meno trionfale) ottenuto da Obama. Ma del «nuovo patto verde» parlano tutti: da Nobuo Tanaka, direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia, al vero Al Gore.

  CONTINUA ...»

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